venerdì 26 maggio 2017

26.05.1977 - 26.05.2017


Ne senti parlare per anni dai tuoi conoscenti più grandi che ci sono passati un bel po' prima di te come un giorno, un momento di passaggio davvero importante.
E per tutti quegli stessi anni ti chiedi tu quel giorno di questo anno così lontano, sia sul calendario che nello spirito, dove sarai, cosa farai, come festeggerai. E se il tutto sarà all'altezza di queste così elevate aspettative.
Ti ricordi benissimo il giorno in cui toccò a tuo padre, la bella festa serale in casa con tutti gli amici di famiglia più vicini di quei tempi, alcuni anche di oggi. Avresti compiuto dieci anni qualche settimana dopo ed eri il figlio più grande del festeggiato.
Sei sempre stato convinto, fin dai vent'anni, quando ancora non sapevi che cosa fare della tua vita, che quello che diceva quel tizio in quel film era straordinariamente vero e stimolante e cioè che i quarantenni più interessanti ancora non lo sanno, alla loro età. E ciò ti stimola anche oggi, che ci sei.

Poi arriva la vita, con la sua bella dose di realtà, e ti ritrovi a superare quello che convenzionalmente dall'immaginario collettivo è ritenuto il punto di non ritorno della gioventù nella condizione di maggiore debolezza generale degli ultimi 5 anni, all'ottavo giorno di convalescenza di una condizione in cui hai avuto anche paura di piangere, per il dolore, sebbene avessi voluto.

Idealmente ti volti indietro e vedi che qualche cosina l'hai realizzata.
Niente di eclatante, non passerai alla Storia, ma, a guardar bene, un pezzetto ne hai scritta.
E la cosa importante è che non l'hai fatto a tuo mero beneficio personale. Anzi.
Certo, l'hai comunque fatto per Te; per quando avresti potuto nemmeno avere - come nei giorni immediatamente passati - la forza di alzarti dal letto per bere un bicchiere d'acqua. Per sorridere della bellezza del sole che illumina le colline fuori dalla finestra.
E ti chiedi come hai fatto a fare quello che hai fatto. Dove sono quelle forze che paiono ora sovrumane. Molto del tuo lavoro - precario all'ennesima potenza - si basa su una qualche performance fisica, oltreché tecnico-culturale. Ti chiedi, e si avvicina la paura di non farcela. Di non riuscire a far fronte agli impegni degli immediati prossimi giorni, e quelli, ancora più impegnativi, delle prossime settimane. Lavoro non garantito e faticosamente costruito nei mesi e negli anni. Ma non è solo questo.
A parte la non secondaria preoccupazione per la questione economica cui tutto questo si lega, nel volgerti indietro, renderti conto di quello che hai fatto finora e rivoltarti in avanti, percepisci che non è da escludere che hai altri 50 anni a disposizione. Che ancora un gran pezzo di Storia, tua e di tutti, può, anzi deve, essere scritta. E che non sarà la mera prestazione fisica su cui potrai fare affidamento.

Allora, giri la testa sul cuscino dalla parte opposta per lenire un po' il dolore su quel lato, e comprendi che hai avuto l'opportunità di verificare - e accettato - che ciò che conta è solo adesso. Che puoi costruire l'istante successivo solo a partire da questo. E così, secondo dopo secondo. Poi minuto dopo minuto. Ora dopo ora. Giorno dopo giorno. Anno dopo anno. Un passo dopo l'altro.
Che non ha senso pensare alla foresta di domani bensì avere la massima cura del minuscolo semino che hai in mano oggi.
Che l'obiettivo è la dedizione incondizionata al momento presente, come quella di un bimbo totalmente preso dal gioco e, come adulto consapevole, il rispetto e la gratitudine assoluti per tutte le condizioni che consentono di giocare.

Abbozzi uno di quei mezzi sorrisi di chi ha capito, il dolore è anche un po' passato e ti senti un pochino meglio, e pensi a quello che disse Pablo Picasso qualche decennio fa: "Ci si mette molto tempo per diventare giovani". Già.
E allora, così come stai adesso, si avanza.

[ph. "Belle e buone" by L. Mortet - 06.05.2017]

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