lunedì 20 agosto 2012

Gatto Selvatico


Classe: Mammiferi
Ordine: Carnivori
Famiglia: Felidi
Sottofamiglia: Felini
Genere: Felis
Specie: Silvestris

Se mi chiedessero di stilare una classifica degli animali più affascinanti della fauna italica, personalmente metterei in testa alla lista il gatto selvatico.
Insieme alla Lince è l'unico rappresentante della famiglia dei Felidi che abita i nostri boschi. In mancanza di tigri e pantere a scorazzare silenziose e furtive nelle selve della nostra penisola (a parte quelle fuggite da qualche circo o dal giardino di qualche pittoresco personaggio), le nostre foreste sono, in parte, popolate dai due "cugini minori" di queste. Due specie circondate da una fama minore ma non meno interessanti da conoscere (e salvaguardare).

Il gatto selvatico è un animale difficilissimo da vedere – abbiamo scherzato e riso insieme per un anno con il mio amico e collega Silvio, che sosteneva di averne incontrato uno ai bordi della strada, ai margini del bosco, mentre passava in macchina – ma nei boschi delle nostre parti vive, solitario e nel folto. E, francamente, anche solo per questo, è bello sapere che c'è.
Veloce, agile, silenzioso, elusivo. Potreste pensare che abbia a che fare qualcosa con il pacioso persiano che amate tenere sulle ginocchia, davanti al camino, per scaldarvi con il calore del suo corpo e ascoltando le sue affettuose fusa, o col grazioso micetto che gioca con vostra nipotina in salotto. Niente di tutto questo! Il gatto selvatico europeo – che non è un progenitore del nostro gatto domestico, che invece deriva dalla sottospecie lybica - è un abilissimo predatore dei boschi, una "macchina da guerra" implacabile per le sue prede: è in grado di cacciare a terra come saltando da un ramo all'altro; dotato di una vista acutissima, anche di notte, se ne serve relativamente poco perché... ha un udito sensibilissimo che gli consente di captare anche i suoni emessi dalle sue prede non percepili dalle frequenze a cui funziona l'orecchio umano. Carnivoro senza compromessi (non come la volpe, ad esempio, che spesso si nutre anche di bacche e frutti) perché non ha gli enzimi digestivi per digerire cibo di origine vegetale, mangia solo prede catturate vive. Le sue sono, in prevalenza, i piccoli mammiferi – come topolini e arvicole – ma può arrivare anche a catturare conigli selvatici e lepri e si nutre, all'occorrenza, anche di rettili, anfibi e uccelli. Agguanta con un balzo la preda con i suoi artigli e la uccide con un secco colpo alla nuca.
Il suo habitat sono le ampie foreste di latifoglie - per lo più di faggio e castagno, alberi nelle cui cavità trova facili e comodi rifugi - che costituiscono per lui il luogo dove vivere indisturbato e nel quale trovare tutto quello di cui ha bisogno dal punto di vista di risorse alimentari.
Più grosso, massiccio e muscoloso di un gatto domestico - col quale però spesso si accoppia e si "ibridizza", cosa che peraltro è la principale causa dell'essere in pericolo come specie - se ne distingue fisicamente anche per la coda più tozza, caratterizzata dalla punta tronca nera e da almeno altri tre cerchi (attenzione però perché di gatti in giro con la coda tozza e a cerchi neri se ne vedono tanti...). Dal pelo piuttosto lungo e di colore grigio-giallastro a striature nere, è lungo fino a 1,20 m, pesa tra i 6 e gli 8 kg, arrivando a toccare, in situazioni particolari, soprattutto in ambienti freddi, anche i 13 kg!


Nell'immaginario collettivo, le nostre paure ancestrali sono rivolte alla presenza e alla possibilità di incappare in orsi e lupi nei boschi. Ma solo perché, statisticamente, è relativamente più facile incontrarli o, almeno, reperire tracce della loro presenza! Una guardiaparco che conosco che lavora in un'area protetta del Centro Italia e con cui ho avuto modo di collaborare recentemente, raccontava a me e al gruppo che stavo accompagnando, che un esemplare maschio di gatto selvatico era finito per errore nella "trappola" che avevano messo a fini di monitoraggio faunistico nei boschi dell'area in cui lavorano. Ebbene, ci diceva, è stato difficilissimo liberarlo perché era impossibile avvicinarsi alla gabbia per aprirla perché l'animale era davvero inferocito e rendeva impossibile con le sue aggressioni da dentro la gabbia anche il rilasciarlo! Con questo non voglio dire che è pericoloso incontrare un esemplare di gatto selvatico (che molto prima di quanto immaginiamo si tiene, come tutti gli animali selvatici, molto ben alla larga da noi), semplicemente che spesso ragioniamo per stereotipi e per sentito dire e ignoriamo molte cose, misteriose ma allo stesso tempo suggestive, che la grande natura selvaggia può riservarci. Anche il solo sapere che c'è e che condivide i sentieri che stiamo calpestando nel corso della nostra escursione, dovrebbe contribuire a far sentire la nostra vita più piena.
Nonostante tutto, il gatto selvatico non può essere considerato animale "competitore" dell'uomo, dato che le sue prede non sono, ad esempio, animali domestici o i suoi obiettivi le colture dei campi, come invece potrebbero essere ritenuti lupo e orso (e, in misura minora, anche volpe, cinghiale, cervo e istrice). Ma, come sempre, è solo da una trentina d'anni che è riconosciuto animale non "nocivo" e che una legge ne vieta la caccia e l'abbattimento, fino all'inizio degli anni Settanta del secolo scorso consentiti... Altrimenti, fino a quel momento era considerato nemico, ahimé, alla stregua del lupo.
Ci si è dimenticati delle origini e, in questo caso, del rapporto uomo-gatto che, ancora oggi, caratterizza invece piacevolmente la vita di molti.
La prova più antica che testimonia la domesticazione del gatto risale ad una mandibola appartenente alla sottospecie lybica ritrovata in un insediamento neolitico nella parte sud dell’isola di Cipro, in cui non sono mai esistiti gatti selvatici veri e propri. Probabilmente la domesticazione è iniziata però nella Mezzaluna fertile del Medio Oriente, diverse migliaia di anni prima di Cristo, in coincidenza con lo sviluppo dell'agricoltura, per proteggere i raccolti dagli attacchi dei roditori granivori. Dalla Mesopotamia, la domesticazione si è estesa verso ovest e, quindi, anche verso l'isola di Cipro. Gli antichi Egizi veneravano nei gatti la Dea Bastet che regnava sull’amore e sulla fertilità e questa veniva rappresentata con la testa di gatto; i gatti erano sacri alla dea e vivevano presso i suoi templi, ma anche presso le abitazioni; talmente sacri, però, che... vabbé, lasciamo perdere, il concetto di sacro per me è diverso.

Sono certo che non solo chi possiede un gattino d'appartamento e ne ama le sue tipiche caratteristiche di indipendenza ma anche di forte presenza – seppur silenziosa e, a volte, ai limiti dell'indifferenza verso tutto e tutti -, concorderà con me che l'animale di cui si è parlato finora, cugino maggiore selvaggio del piccolo, tenero, tigrotto da salotto che fa compagnia a molti di noi, è davvero un animale affascinante, quanto misterioso, e saperne della sua presenza nei nostri boschi, arricchisce senza dubbio l'ecologia di questi ultimi ma anche un po' noi stessi.

2 commenti:

  1. Sono pienamente d'accordo. Amo i gatti ( ne ho tre e la mia vita non sarebbe completa senzadi loro), quindi anche i gatti selvatici, liberi, fieri e senza compromessi come spesso noi esseri umani non sappiamo essere.

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  2. Sono io ad aver scritto il commento.

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